CRITICA

Fortunato Orazio Signorello

Critico d'Arte Internazionale

Salvatore Morgante tra Astrattismo e Figurativo.

“Notabilis” - Marzo/Aprile 2016

Nel panorama dell’arte contemporanea italiana c*è tutta una generazione di artisti siciliani che sta a poco a poco venendo alla ribalta. Salvatore Morgante (Agrigento, 1976) è tra questi. Con disinvoltura egli riesce a esprimersi - dimostrando talento, eclettismo, abilità esecutiva un’indubbia capacità intuitiva - con un stile innovativo, soprattutto per quanto concerne l’astrattismo contraddistinto da una rielaborazione attualizzata della lezione pollockiana, che evidenzia la creatività dell’artista e come egli sia in grado di padroneggiare al meglio - diversificando stili e metodi proposti nella sua ricerca visiva - le tecniche da lui utilizzate. 

Per la sua produzione eterogenea, Morgante è un'artista non facilmente collocabile nell'ambito di una corrente. Pur appartenendo al movimento dei Metadimensionisti, per lui qualsiasi inclusione in ambiti, tendenze e movimenti è del tutto indicativa. «L”astrattismo formale - dice l’artista - mi attrae più di altre forme di arte. Non sento la necessità di appartenere. La sintonia con me stesso è il miglior contatto creativo che al momento io conosca». 

Le opere di Salvatore Morgante - uno sperimentatore a tutto campo che passa con disinvoltura dall’astrattismo di forte impronta gestuale, dimostrando virtuosismo artistico e proponendo esiti estetici originali attraverso studiati contrasti cromatici, al figurativo; rivolgendo la sua attenzione alle icone dello star system e alla condizione esistenziale dell’uomo - hanno già suscitato l’interesse di noti critici d*arte (ricordiamo, tra gli altri, Nuccio Mula, Luisa Trenta Musso e Paola Simona Tesio); che hanno evidenziato, tra l’altro, come la matrice dell’invenzione creativa dell'artista - che prosegue la sua indagine negli elementi primari: segno, superficie, gesto e materia - é spinta da una volontà di voler interpretare, di volta in volta, emozioni e sentimenti dell’istante. 

Passa con disinvoltura dalla pittura figurativa a quella astratta. È più propenso per l'arte figurativa o per quella aniconica?

Io mi ritengo un astrattista, la mia vocazione è la pittura aniconica. Questo non esclude che in determinati momenti della mia ricerca non vi possa essere un avvicinamento al figurativo; in ogni caso esso è fatto di materia, cromatismi e dettagli astratti. Nella visione di insieme può esservi un voluto richiamo al figurativo ma alla base c’è la sintesi di queste due visioni dell’Arte. 

Per quanto riguarda il figurativo, è evidente che lo star system ha una centralità nei soggetti da lei raffigurati?

Le icone dello star system hanno chiaramente un effetto rilevante sul pubblico e penso che la centralità tematica che si riconosce in questa affermazione sia proprio dovuta al forte impatto che un volto noto risveglia nel subconscio. Avvicinandomi ad una persona da ritrarre cerco l’individuo, il mio legame con esso.  Ed è proprio per questo che ho rappresentato delle personalità conosciute, in virtù del vincolo personale che ci lega, offrendone una mia particolare visione nel rendere omaggio a loro. Lo stesso discorso vale per le persone “comuni” cui mi sono avvicinato con rispetto ed emozione per dare un tributo alle caratteristiche che li rendono speciali. Ricerco l’individualismo, anche in chi è in pasto alla globalizzazione, perché dietro ogni persona si cela sempre un personaggio, e viceversa. 

L’opera “Nippy”, che ha esposto recentemente alla XI Biennale Internazionale d’Arte di Roma, è dedicata a Whitney Houston. Mi parli di questo dipinto. 

L’opera “Nippy” nasce dalla mia passione per la figura di Whitney Houston. Mi sono avvicinato a lei e alla sua musica già all’età di 9 anni ed è stato un “colpo di fulmine”. Whitney con la sua musica ha sempre fatto parte della mia vita: la sua voce è il leitmotiv della mia quotidianità. Non ho bisogno di ascoltarla realmente, ormai è dentro di me, conosco ogni respiro contenuto nei suoi brani. 

Sembra, guardando la sua produzione eterogenea, che lei concepisca l’arte come il risultato di una ricerca innovativa prima di un punto d’arrivo. È così?

Sicuramente l’Arte è per me ricerca, proprio come ne “Il sabato del villaggio” di Leopardi, quello che soggiace alla produzione di un’opera è il momento più bello, puro fermento creativo. Tutto parte dalla materia, poi si aggiungono i colori ed il gesto. Non vi è punto di arrivo, ogni opera è aconcettuale e rappresenta un momento, un sentimento, una partenza. 

Entro quali limiti la creatività dell'artista dovrebbe essere libera di operare?

Questa domanda è per me un ossimoro. La creatività è il limite stesso cui l’artista è chiamato a competere, per superarlo. La libertà creativa invece deve confrontarsi con l’etica dell’artista. Un’etica, non semplicemente uno status deontologico che permette di distinguere il bene dal male, ma qualcosa di più profondo capace di mettere in crisi la coscienza dell’artista che sta per svelare al mondo il proprio io. Arte e libertà sono parole gemellate con la bellezza e con il coraggio. 

Anche la fotografia è diventata una presenza costante nella sua ricerca espressiva. Quando ha iniziato a scattare le prime foto? Quali sono i suoi soggetti preferiti?

Ho iniziato a scattare per esigenze di lavoro, occupandomi di pubblicità e curando, come art director, diverse campagne di marketing. Da lì il passo è stato breve. Avere in mano l’obiettivo mi ha permesso di concretizzare con più facilità le idee che avevo e di svilupparne altre. Le prime foto erano di modelle oltre ad oggetti e prodotti a scopo pubblicitario. Una volta acquisite le competenze tecniche, conosciuti a fondo i limiti e le prospettive del “mestiere” si è aperto ai miei occhi un mondo nuovo. I miei soggetti preferiti sono le persone, in particolare i volti. Amo altresì immortalare i luoghi, ma è imprescindibile la presenza umana nella mia visione di fotografia.  

Perché la preferenza per la fotografia in bianco e nero?

La fotografia in bianco e nero imprime più forza all’immagine. Allo stesso tempo lascia più spazio alla fantasia e permette di assaporare meglio le espressioni, i volumi e la luce. Rende l’immagine eterna, privandola di contaminazioni. È come se si evolvesse da soggettiva a collettiva, pronta ad essere interpretata, dialogando con l’osservatore. 

Come vive il confronto con medium differenti?

Con assoluta spontaneità e libertà. Ogni forma di espressione, sia essa fotografia, pittura, o altro, porta con sé messaggi differenti. Attraverso la fotografia rappresento la mia visione della realtà, tramite un rifiuto della finzione e permetto agli altri di “vedere” come osservo io. In pittura invece il discorso è diverso: lo sguardo di chi osserva è rivolto al mio io, alle mie emozioni rappresentate sulla tela. 

Per la sua produzione eterogenea, è un’artista non facilmente collocabile nell'ambito di movimenti e tendenze. Con quale corrente artistica si sente più in sintonia? 

Freedom is one of the keys to understand my production. Even though I am part of the Meta-Dimensionists, any inclusion in a field, tendency or movement is merely indicative. I love interpreting the feelings and the emotions of the instant, moment after moment. Formal abstractionism appeals to me more than other artistic forms but, as I said, any definition represents to me a starting point and does not intend to become an endpoint. I do not feel the need to belong. The harmony with myself is the best creative contact I know. 

Nel panorama artistico e culturale odierno quali sono i suoi punti di riferimento?

Il momento storico che stiamo attraversando pullula di contrasti e mediocrità. Viviamo in un tempo privo di grandi figure di riferimento in cui lo smarrimento è l’indice più chiaro di questa condizione. Il sentimento di disorientamento che vivo ha fatto sì che mi concentrassi su me stesso. Rifiuto una società omologata alle grandi multinazionali, con un’unica, diffusa, corrente di pensiero. Mi turba la mediocrità a cui assisto quotidianamente. I punti di riferimento oggi vanno ricercati nella consapevolezza di noi stessi ed io li trovo quando riconosco la consapevolezza negli occhi di chi osservo. 

Qual è, a suo avviso, il tratto distintivo della sua pittura? Come definirebbe, dal punto di vista formale, il suo stile?

Il tratto distintivo è l’azione. Che sia essa riflessiva, impulsiva, cogitata o improvvisata poco importa. La mia pittura è fatta di materia; spostata, gettata, posata, trascinata… Lo stile potrebbe essere definito “informale” ma nel momento stesso in cui mi approccio a questa definizione sento che mi sta stretta. È piuttosto un creare libero in cui il sentimento trova espressione. Se un giorno definiranno il mio stile con un termine ben preciso, quel termine l’indomani potrebbe già essere obsoleto. 

C’è un artista con cui sente un'affinità stilistica particolare?

Seguo con interesse molti artisti contemporanei, di alcuni apprezzo il tecnicismo, di altri l’uso del colore, di altri ancora l’irruenza. Amo l’Arte a 360 gradi e mi avvicino ad essa con umiltà e curiosità. I “Grandi dell’Arte” hanno il potere di pietrificare la mia anima, ricordo con emozione pura quando vidi per la prima volta la “Transverberazione di Santa Teresa d’Avila” (Estasi di Santa Teresa) del Bernini conservata alla Chiesa di Santa Maria della Vittoria a Roma, così come i Caravaggio a piazza del Popolo o la “Vergine delle Rocce” al museo del Louvre: sono tra i ricordi più vivi che io possegga, mai turbamento fu più grande. L’affinità stilistica che ricerco è l’emozione e quando la percepisco ecco, li c’è l’Artista con cui la sento. 

Cosa realmente le interessa comunicare attraverso la sua arte?

Voglio comunicare emozioni: serenità, allegria ma anche dolore, rimpianto. Voglio mettere in comune i sentimenti che mi tengono vivo e che sono essi stessi vita. Vorrei che la mia arte parlasse, semplicemente, ai cuori, alle menti ma soprattutto all’anima delle persone. Per me l’anima vive nell’opera d’arte, negli occhi di un ritratto, nei solchi che lascio nelle anse della materia. 

 

Prof. Fortunato Orazio Signorello

Direttore editoriale, critico d'arte, promotore culturale, organizzatore e curatore di mostre d’arte. 

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